Il lavoro minorile – Premessa
Scrivo queste righe sul lavoro minorile con disgusto e tanto dolore nel cuore. Più che parlare di numeri e grafici, vorrei risvegliare la coscienza di tutti noi, me incluso. Penso che porsi dei quesiti etici prima di comprare un prodotto, sul dove e da chi viene fatto, può di certo aiutare a ridurre questo schifo. Sono tanti i danni causati da questo abuso sui minori, sia fisici che psichici. Sto parlando di bambini ai quali è stato tolto il periodo più bello della vita: l’infanzia. Negare tutto ciò, vuol dire negare la dignità di ognuno di loro. Chi siamo noi per rubare la serenità a questi bambini? Penso che fra le tante ingiustizie, questa è di sicuro la peggiore.
Ad oggi, questo fatto è una vera piaga; sembra una follia, eppure è molto diffuso, ma se ne parla poco o si fa finta di niente. Infatti, pochi sanno che in tante aziende, ancora oggi esiste il lavoro dei minori. Gli schiavi del XXI secolo, sono i bimbi delle famiglie più povere, dove regna la miseria più nera.
(Piccolo agricoltore)
La storia del lavoro minorile
I primi dati sul lavoro minorile risalgono ai primi anni del 1800. Il tessile e la moda sono stati i settori che hanno dato il via a questo abominio. In quell’epoca infatti, nelle filature e nelle tessiture, la richiesta di mano d’opera a basso costo era molto elevata. I bambini con le loro piccole mani erano perfetti per infilare il filo e molto abili nel far andare le macchine. I turni di lavoro erano di 15 ore al giorno, spesso in ambienti malsani e con una paga così bassa da non poter comprare il cibo.
(Lavoro infantile in una filatura)
(Piccola lavoratrice in una tessitura)
(Piccoli minatori)
In Europa, questo dramma si è visto in Germania fino al 1920 ed in Svizzera fino al 1980, con i famosi Verdingkinder o bambini schiavi. Questi, erano tolti alle famiglie più povere e dati ad altre famiglie dove erano sfruttati e umiliati. Benché la Svizzera, già nel 1877, sia stata la prima ad abolire il lavoro minorile, solo da poco ha cercato di porre rimedio a questo orrore risarcendo i superstiti di questa follia. In merito a questa realtà, sono stati scritti anche dei libri: il più famoso è: “Resli il piccolo bracciante” che narra la storia di un bimbo svizzero, che fu “mandato a servizio”, come si diceva allora e trattato come uno schiavo. Per restare in Italia, citiamo l’opera di Giovanni Verga, “Rosso Malpelo“. La novella si svolge in Sicilia alla fine del 1800 e parla di un ragazzo povero, costretto a lavorare in miniera.
(Verdingkinder)
Le Cause
La povertà è una delle cause del lavoro minorile. Parlo di famiglie così povere, dove lo stato di bisogno è così grave, che i bambini non vanno a scuola per andare a lavorare. Ciò che li aspetta è una realtà fatta di fatica e soprusi che spesso mette in pericolo la loro fragile vita. Il tutto per pochi soldi o nel peggiore dei casi, per un pugno di riso. Molte aziende attratte da una mano d’opera a basso costo, sfruttano lo stato di disagio di queste famiglie; in questo modo non fanno altro che buttare benzina sul fuoco. Se da una parte c’è il bisogno di sopravvivere, dall’altra esiste una vera e propria sete di profitto. Un vero dramma nel dramma!
Molto importante è l’esempio di Iqbal Masih, un ragazzo Pakistano che si è ribellato alla schiavitù di bambino operaio ed è diventato il simbolo della lotta contro il lavoro minorile. Dopo la sua morte avvenuta nel 1995 in modo oscuro, di sicuro per mano dalla “mafia dei tappeti” pakistana, Iqbal è divenuto un eroe. Ciò ha portato ad un maggior controllo da parte delle autorità Pakistane in tema di lavoro minorile nelle fabbriche di tappeti.
Cosa si può fare?
Non è facile dare una risposta, perché se da un lato c’è il lavoro minorile, (che in molti paesi è prassi), da un altro, secondo i canoni occidentali, questo fatto è da punire. Porre fine a questa tragedia non è facile. Spesso ci si scontra con una realtà socio-economica molto radicata, dove non c’é scelta: o si lavora o si muore di fame! Questa è la cruda verità.
Oggi ci sono dei buoni segnali in fatto di tutela dei minori, il tema è più sentito di quanto lo fosse negli anni ’90, ma finché ci sarà la miseria, ci sarà il lavoro minorile. In questi ultimi anni si è visto un grande impegno a favore degli animali: associazioni, personaggi dello spettacolo e della politica si sono prodigati per la messa al bando delle pellicce naturali a favore di quelle sintetiche. Il risultato è stato notevole. Perché non si fa lo stesso per i bambini che lavorano? Voglio chiudere con una frase di Don Bosco:
“La prima felicità di un fanciullo è sapersi amato”